La ricerca a tavola

    Ciliegie e società

    Frutto tardo-primaverile-estivo tra i più amati, la ciliegia ha la sua probabile origine nell’area turco-persiana, ma già dal settimo secolo A.C era diffusa in Egitto, nel terzo in Grecia, e poco dopo a Roma. Secondo una tradizione risalente a Plinio il Vecchio, fu introdotta nella città eterna dalla colonia turca di Cerasunte, dal cui nome deriverebbe quello del frutto nella gran parte delle lingue europee (nell’Italia centro-meridionale il termine dialettale cerasa o cirasa è utilizzato quasi ovunque). Sempre secondo questa tradizione, a intuire le potenzialità del frutto fu il generale Lucullo, gourmet romano per antonomasia, in guerra contro Mitridate, nell’allora Ponto. Origini così altolocate non potevano non rappresentare un ‘plus’, come diremmo oggi, per la sua diffusione in tutto l’impero, e per una sua rapida ascesa nel pantheon gastronomico romano, come in quello dei secoli successivi.

    Considerata dalla tradizione cristiana come un simbolo della passione di Cristo, in questo modo è stata spesso rappresentata dai più grandi pittori della storia, con vette raggiunte da Tiziano, con la sua celebre ‘Madonna delle ciliegie’. Quanto alle nature morte, non possiamo non ricordare, secoli dopo, quelle di Paul Cezanne e di altri impressionisti, a conferma di una predilezione francese per il frutto, risalente al Re Sole, e alle sue apprezzate serre di Versailles. Senza nulla togliere ai cugini d’oltralpe, spetta, tuttavia, all’Italia il primato europeo, sia nella produzione, sia nell’amore per le ciliegie. Si spiegano forse così alcune storpiature di celeberrimi titoli teatrali e cinematografici nella nostra lingua. Se ‘L’albero dei ciliegi’ di Anton Cechov’ era, in realtà un amareno (rimanendo in famiglia), il ‘Sapore della ciliegia’ del regista cinematografico iraniano Abbas Kiarostami dovrebbe, più correttamente, far riferimento al gelso. Si può, tuttavia, pensare al profumo di un gelso, per non suicidarsi? Forse si, ma la ciliegia per noi può raggiungere più facilmente l’obiettivo. Il rapporto con la morte, tra l’altro, è alla base di quello che, senza dubbio, è il legame poetico più rilevante con il nostro frutto, o, più precisamente con i nostri fiori. Il Giappone ha infatti eletto quasi a simbolo della cultura patria i fiori del ciliegio, per la loro struggente, elegante bellezza, legata ad una commovente caducità. E, se i samurai, seppelliti sotto i ciliegi, hanno gradualmente conferito al fiore il colore bianco-roseo, i kamikaze chiedevano un ramo da portare sulla carlinga dei loro aerei in missione suicida. Rispetto a ‘scene’ così drammatiche ci è quindi perdonata una digressione extra-alimentare, con annesso suggerimento a conoscere il grande rito dell’hanami sakura (fioritura dei ciliegi ) nei bellissimi giardini di Kyoto, fruibili, a buon mercato, grazie a tanti documentari sull’argomento.

    Siamo, tuttavia, ben oltre la fioritura, anzi, è già passato maggio, con la caduta a ‘ciocche’ delle ciliegie rosse (Di Giacomo-Costa), e, conviene, quindi, affrettarsi in cucina, dove, invocata la protezione di San Gerardo Tintore, patrono del nostro frutto, proviamo a suggerire qualche ricetta. Di ciliegie, si sa, una tira l’altra, e, l’estasi di un piatto ‘al naturale’ in una calda giornata estiva, è irraggiungibile da qualsiasi chef stellato. Qualche ricetta sorprendente, per lo più nel settore dessert, pure si può annoverare, per andare aldilà di quel ‘pane e cerase’ che il maestro Libero Bovio faceva bastare ai due innamorati della mitica ‘Reginella’.

    Risotto alle ciliegie con la robiola

    Le ciliegie, nella tradizione europea orientale, si inseriscono bene in vari tipi di ‘ravioli’, ma, rimanendo in tema di primi piatti, ci sembra più elegante l’abbinamento con il riso, unito, a quello, più consolidato, con certi tipi di formaggio. In questo caso, l’abbraccio ideale con un vino ci porta a un Monferrato Rosso, fresco e profumato, come il piatto che accompagna.

    Filetto di Manzo con ciliegie

    Partendo, in questo caso dal vino, ci si offre la suggestione del Ciliegiolo, vitigno fondamentale in tanti grandi uvaggi toscani, così chiamato proprio per lo spiccato sentore di ciliegia. Il tipo di carne da utilizzare diventa, quindi, quasi un dettaglio.

    Cherry Pie

    Classica torta della tradizione statunitense, parente della nostra crostata, da accompagnare con uno dei tanti bianchi dolci ibridi, in auge nello Stato di New York. Ed è subito un caldo effetto metropolitano.

    Dorayaki con confettura di ciliegie

    Lontanissima dalla spiritualità dell’hanami, questa variante ciliegiola del tipico dolce giapponese con fagioli rossi, può essere affrontata con successo da un Moscato d’Asti.

    Clafoutis alle ciliegie

    Tipico dolce contadino del Limousin, consumato tradizionalmente nei campi, in giornate di duro lavoro, è, in realtà un piatto che può presentare aspetti di indubbia raffinatezza. Li rafforziamo con un quasi conterraneo Barsac.

    Torta della Foresta Nera

    Ben oltre le classiche ciliegine sulla torta, questi frutti hanno una valenza cruciale in una torta pur molto ‘cioccolatosa’. Non tutti sanno che i territori intorno alla Foresta Nera offrono super-vini bianchi, anche dolci. Tra questi, puntiamo sicuri su uno dei tanti Eiswein (vini di ghiaccio) della fascia austro-germanica.

    Crostata di visciole

    Ideale prima colazione romana, consumata in un altro momento della giornata può sublimarsi in abbinamento con un Cesanese del Piglio Dolce.

     

    Ettore Zecchino

     

     
    Ciliegie e salute

    Le ciliegie sono il piccolo e gustosissimo frutto di un albero maestoso, originario dell’Europa e dell’Asia, parte della famiglia delle Rosacee, che in primavera produce una grande quantità di fiori bianchi o rosa, in grado di abbellire parchi e grandi giardini. È ampiamente diffuso in tutto il nostro Paese e la sua coltivazione non necessita di attenzioni particolari, essendo resistente alle temperature fredde. La ciliegia è una drupa ovoidale, tondeggiante o cuoriforme, di circa 1-2 cm di diametro; e si può anche trovare con una forma a sfera, leggermente allungata. La fioritura avviene in primavera, contemporaneamente alla comparsa delle foglie. Esistono due grandi specie di ciliegi: il Prunus avium, o ciliegio dolce; e il Prunus cerasus, o ciliegio acido. Dal primo, derivano alcune centinaia di varietà, che producono due grandi categorie di ciliegie: le tenerine e le duracine. Le prime sono a polpa tenera, di colore rosso scuro, con succo colorato, o di colore chiaro, con succo incolore. Le ciliegie duracine o duroni hanno dimensioni maggiori e polpa soda, e sono di colore rosso scuro o nero, con polpa rossa, oppure di colore rosso chiaro, con polpa giallastra o rosacea.

    Il colore rosso della buccia e della polpa indica un contenuto molto rilevante di antocianine e di altri composti fenolici, ad azione antiossidante. Questi composti sono accumulati durante la maturazione, soprattutto a livello della buccia, e contribuiscono al sapore del frutto, con la loro caratteristica astringenza. Numerose sono infatti le cianidine presenti, acidi fenolici, catechina e quercetina, che hanno effetti anti tumorali, attraverso la stimolazione di quegli enzimi che eliminano mutageni e sostanze tossiche, tramite la stimolazione dell’apoptosi (1).

    Le ciliegie inoltre hanno mostrato un’interessante attività anti infiammatoria. Il loro consumo porta infatti ad una riduzione significativa della concentrazione plasmatica di proteina C reattiva e dei radicali liberi, importanti marker di infiammazione. L’azione si esplica probabilmente attraverso l’inibizione di specifiche reazioni, che portano alla formazione di queste sostanze. In vitro e in vivo i fenoli delle ciliegie si sono anche mostrati in grado di inibire l’attività della ciclossigenasi II, un enzima con una potente attività pro-infiammatoria. Probabilmente è grazie a queste proprietà che si esplicano alcuni effetti che hanno evidenziato una riduzione dei dolori artritici, di recidive di attacchi di gotta, e dei livelli di acido urico a livello del plasma (2).

    Particolarmente degna di nota è la presenza del potassio, importante per il controllo della frequenza cardiaca e della pressione sanguigna. Inoltre, sono anche fonte di importanti minerali e vitamine, che aiutano a proteggere la vista, e che contribuiscono al buon funzionamento delle difese immunitarie. Presentano anche oligoelementi importanti, come rame e zinco, che le rendono particolarmente energetiche.

    Secondo uno studio del 2005, i fenoli presenti in questi piccoli frutti tondeggianti hanno effetti protettivi sulle cellule neuronali. Dallo studio è emerso infatti che i composti fenolici, tra i quali anche gli antociani, proteggono le cellule neuronali dallo stress ossidativo, e quindi, dalla neurodegnerazione. (3).

    Una ricerca, pubblicata sul Journal of Neuroscience sostiene, invece, che le antocianine presenti nella ciliegia possono migliorare la memoria.(4).

    Un consumo eccessivo di ciliegie potrebbe, tuttavia, comportare effetti negativi in caso di intestino irritabile, o causare coliche. A causa dell’effetto lassativo, è infine sconsigliato nei bambini di età inferiore ai tre anni, perché potrebbe causare diarrea.

    Fonti di riferimento:

    1) https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/34063349/

    2) https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/31037275/

    3) https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/16366675/

    4) https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/10479711/

    Maddalena Pizzulo  - nutrizionista

     

     

    Pomodori e società

    Da ultimi arrivati a primi, per importanza, in quasi tutte le tavole occidentali. La storia dei pomodori si può facilmente condensare (è proprio il caso di dire) in questa celebre sentenza evangelica, applicata peraltro con notevole gradualità. Fino alla scoperta delle Americhe (dove era consumato quotidianamente e veniva chiamato xitomatl) l’Europa non ne aveva visto neanche uno. Quando Hernan Cortes vi portò il primo esemplare, a metà ‘500, di colore giallo oro, fu scambiato per una pianta ornamentale, tutt’al più con virtù afrodisiache. Al nostro Paese va l’incisivo primato del suo utilizzo gastronomico. Messe al bando le paure per una sua presunta tossicità, le plebi, soprattutto meridionali, cominciarono infatti a friggerlo e a mangiarlo, (siamo nel tardo '600) mentre i proto chef dell’epoca intuivano le straordinarie doti di ‘spalla’ del pomodoro, destinato ad accompagnare, soprattutto sotto forma di salsa, piatti di ogni tipo. Consapevolezze messe su carta solo nel tardo '700, e, più compiutamente, nell’'800, quando a Napoli, Ippolito Cavalcanti codificava una ricetta già popolare, basata sull’abbinamento di una salsa calda di pomodoro con i vermicelli. Un passo avanti decisivo, reso possibile anche dagli studi di Lazzaro Spallanzani sulle tecniche di conservazione degli estratti di pomodoro bolliti. Non è un caso se, a un consumo e a un’inventiva gastronomici in tutto borbonici, seguisse una imponente produzione industriale  parmense e piemontese, con marchi celebri anche al giorno d’oggi. Il pomodoro, nel frattempo divenuto proverbialmente rosso, ma ibridato in tanti tipi e sottotipi dai colori più vari, conquista così un posto definitivo di primattore nella società italiana. E oggi l’Italia è ancora il primo produttore europeo del celebre ortaggio (per la scienza, tecnicamente, un frutto), ma, soprattutto, è la nazione guida per quel che concerne la sua lavorazione e il suo consumo. Impossibile competere con i numeri di giganti come Cina, India e Stati Uniti, ma lezioni di stile gastronomico siamo sicuramente ancora in grado di darne. D’altra parte, a qualsiasi italiano, l’abbinamento pasta e pomodoro o pizza e pomodoro, suona come remotissimo e, al tempo stesso, eterno.

    Una parabola non altrettanto esaltante è stata tracciata dalle arti. Nemmeno la stagione delle nature morte ha risollevato le sorti di questo 'pomme d’amour', come era chiamato dai francesi, tanto da trionfare, ‘in fascia alta’, solo nel ‘Vertumno’ del solito Arcimboldo, prima di arrivare al contemporaneo Renato Guttuso e alla sua ‘Vucciria’. Discorso simile per la letteratura, dove l’onore del nostro è stato risollevato, di recente, da Pablo Neruda, con una sua celebre ‘Ode al pomodoro’. In teatro non poteva essere che Eduardo De Filippo il suo cantore, con una malinconica poesia su un non memorabile ragù familiare. Quanto al cinema, un’eco planetaria va riconosciuta allo zuccheroso ‘Pomodori verdi fritti alla fermata del treno’, del produttore, e, per l’occasione regista Jon Avnet, capace di rilanciare, nel sud degli Stati Uniti, un piatto tipico un po’ appannato e dalla incerta primogenitura.

    Il successo travolgente del pomodoro rende insomma, tutto un po’ scontato, e i suoi quotidiani cantori sono i miliardi di abitanti del pianeta che abitualmente lo consumano, in insalata, in salsa, in ricche pietanze, o come il condimento di chi non ce l’ha, per riferirsi a un anonimo aforisma. Insomma, un ortaggio per tutti i gusti, e fondamentale per le sorti dell’umanità, grazie anche alle sue straordinarie caratteristiche organolettiche.

    Con sua maestà il pomodoro, ci si perde nelle centinaia di ricette e abbinamenti possibili, e, vista la sua ubiquità è particolarmente difficile capire quando e se concedergli, la palma di ingrediente principale di un piatto. Proseguiremo, quindi, un po’ a tentoni, partendo sempre dalla sua versione ‘nature’ in insalata, magari accompagnato a qualche foglia di scarola, di lattuga, di radicchio e così aggiungendo. Forse un’apertura nutraceutica top per un buon pranzo estivo. Coltivato ormai tutto l’anno, è infatti in questa stagione che, in tutti i sensi, continua a dare il meglio di se. Naturalmente, per il suo utilizzo in salse agrodolci o piccanti, come, ad esempio, il ketchup, o come nella consolidata tradizione tex-mex, molto incidono gli alimenti cui si accompagna.

    Pomodori verdi fritti

    Piatto del sud degli Stati Uniti, realizzato con una varietà tipica di quei luoghi, ‘pastellata’ con farina di mais e con una salsa sempre del posto. Ha una struttura eterea, ma leggermente untuosa, che sposa a meraviglia un bianco spumantizzato, come quelli, ormai celebri, della California.

    Gazpacho andaluso

    Entrando in Europa, siamo accolti da questa straordinaria zuppa fredda spagnola di pomodori e verdure, territorialmente abbinata con un vigoroso Sherry Manzanilla.

    Coutis de tomate

    Sempre di salsa al pomodoro parliamo, ma di ‘temperatura’ e utilizzo diverso, per questa elegante versione provenzale, sfondo per pietanze di vario genere, e abbinabile, in base a queste, a un Bandol rosso o rosato.

    Frittata al pomodoro

    Facendo una rapida escursione in Asia, scopriamo che i cinesi amano mangiare i pomodori anche insieme all’uovo, con accompagnamento di riso. Un pasto completo, per il quale vedremmo bene un rosato, anche vigoroso, come alcuni esemplari salentini.

    Pappa al pomodoro

    Piatto povero toscano, amatissimo dai bambini, come cantato da Rita Pavone Giamburrasca. Si utilizza il pane raffermo, e, d’estate, come un gazpacho, può essere servito freddo. Valutando caso per caso, possiamo bere una Vernaccia di San Gimignano, Base o Riserva.

    Bruschetta al pomodoro

    Merenda ideale per i bambini intelligenti di tutto il Paese, la bruschetta, ma anche la fresella o frisella pugliese al pomodoro, può essere gustata in accompagnamento a un bianco italiano (e non facciamo torto a nessuno) di media struttura e non forte acidità.

    Pomodori gratinati

    Altro piatto nazionale, gustoso e di semplice preparazione, nella sua variante siciliana, formaggiosa, ‘olivosa’ e sapida, può sposarsi a un Cataratto.

    Insalata caprese

    Pomodoro di Sorrento e fiordilatte di Agerola, in escursione a Capri, danno vita a questo piatto semplice e gustoso, da mangiare come ingrediente di un succulento panino, o, più delicatamente, a tavola, con un filo di olio extra-vergine in più. Con un bianco isolano brindiamo convinti all’isola più bella del mondo.

    Carne alla pizzaiola

    Qui il pomodoro fa del suo meglio per insaporire un taglio di carne generalmente molto ‘nervoso’. I bambini, soprattutto meridionali, ringraziano, ma continuano a sognare un buon filetto (da queste parti, fino a qualche anno fa introvabile). Gli adulti possono ‘consolarsi’ con un tipico rosso del Sud, come un Cirò Riserva.

    Pasta al pomodoro

    Piatto iconico campano e nazionale per eccellenza, più della pizza è esaltato dalle virtù del pomodoro, qui unico ingrediente extra del piatto. Nella versione al ‘filetto’ sposa perfettamente gli spaghetti e un elegante bianco campano, come il Fiano di Avellino. Nella versione al sugo, primeggia l’irpina Maccaronara, con capitali Castelfranci e Castelvetere sul Calore, dove la salsa assume una densità straordinaria, ottimamente maritata a un particolare tipo di pasta, in genere arricchito da formaggio, e, per qualcuno, da una spruzzata di peperoncino. Per un piatto così l’ideale abbinamento è con un  locale Colli Taurasini Doc, che può diventare definitivamente un Taurasi, sia pur non molto invecchiato, in presenza di un ragù di eduardiana memoria.

     

    Ettore Zecchino

    Pomodori e salute

    Originario dell’America del Sud e definito l’imperatore degli orti mondiali, il pomodoro è un ortaggio conosciuto e utilizzato in tantissimi Paesi, e particolarmente apprezzato per le sue proprietà salutari. Appartiene alla famiglia delle Solanacee (Solanum Lycopersicum). Il fusto della pianta, alta al massimo due metri, non è abbastanza resistente per sostenere i pomodori, e ha quindi bisogno di appositi sostegni. Infatti, è sostenuta da canne di bambù piantate in terra, attorno alle quali si intrecciano le foglie e i piccoli rami. I fiori si presentano a grappoli, distribuiti lungo il fusto e le sue ramificazioni. Il terreno ideale per la coltura deve essere ben drenato e fresco, con una temperatura di germinazione di 12–13 gradi, e di 22–25 gradi per svilupparsi e produrre i frutti. Il pomodoro non sopporta la siccità e ha quindi bisogno di molta acqua, che, nei periodi di carenze idriche deve essere fornita artificialmente. I frutti sono chiamati anch’essi pomodori e sono delle bacche verdi o rosse che hanno dimensioni diverse a seconda della varietà. Si ricordano: Pomodori a forma allungata: Maremma; San Marzano; Pomodori tondi lisci; Sunrise; Montecarlo; Pomodori costoluti; Samar; Pantano; fiorentino; Pomodori ciliegia e a dattero (pomodoro cherry); Pomodori a forma schiacciata, ombelicata e globosa

    Il principale ingrediente dei pomodori è l’acqua (94%), a seguire le proteine, che non superano l’1%, i grassi, pari allo 0,2%,. e i carboidrati, al 2,8%. Nella componente acquosa del pomodoro sono disciolti molti sali minerali come: il potassio, che aiuta a ridurre la pressione arteriosa e regolare la contrazione muscolare; il fosforo, che interviene in numerosi processi nell’organismo come quelli di riparazione cellulare e regolazione del pH; il calcio e oligoelementi, come ferro, zinco e selenio. Il pomodoro inoltre è ricco di fibre, concentrate nella buccia e nei semi. e di vitamina A, B e C. Quest’ultima ha una forte azione antiossidante, poichè combatte i radicali liberi e stimola il buon funzionamento del sistema immunitario, proteggendo da virus e batteri. Modico anche il contenuto di acidi organici, quali malico, citrico e succinico utili per favorire la digestione. Il pomodoro infine è un’ottima fonte di licopene, che è un potente antiossidante, al quale vengono attribuite proprietà di protezione dell’organismo nei confronti delle malattie correlate all’invecchiamento cellulare, ai tumori (1) e alle patologie cardiovascolari. (2).

    Inoltre, sono in grado di controllare e ridurre i livelli di colesterolo nel nostro organismo, in particolare le quantità di colesterolo LDL, quello cattivo, proteggendo il cuore, e riducendo la pressione arteriosa (3).

    Nonostante le tante proprietà benefiche verificate, il pomodoro è controindicato per l’acidità di stomaco, poiché comporta il peggioramento dei sintomi della malattia da reflusso gastroesofageo. Risulta essere anche una bomba biologica, perché ricco di istamina. Quindi è in grado di scatenare reazioni allergiche, come eruzione cutanea, orticaria, starnuti, tosse e prurito. Allo stesso modo le bucce e i suoi semi possono provocare il peggioramento dei sintomi della sindrome dell’intestino irritabile.

    Fonti di riferimento:

    1-Tomato and lycopene and multiple health outcomes: Umbrella review

     https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33131949

    2-Lycopene and heart health

    https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/22419532/

    3- Effect of lycopene and tomato products on cholesterol metabolism

     https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/22965217/

     Maddalena Pizzulo - nutrizionista

     

     

    Noci e salute

    La noce è il frutto dell’omonimo albero. E’ una pianta appartenente alla famiglia delle Juglandaceae, originaria dell’Asia. Ne esistono molte varietà, e le più conosciute sono le noci di Sorrento e le noci Californiane. L'albero di noce è largamente diffuso e, pur essendo originario del territorio medio orientale (Caucaso, Armenia, Iran), oggi è considerato anche una pianta tipica della penisola italiana. Predilige le zone collinari e montuose fino a 1.000m di altitudine, e fiorisce tra aprile e maggio, mentre i frutti maturano tra agosto e settembre. Raggiunge e supera i 12-15m di altezza; ha una chioma larga, tonda, con foglie larghe, impari-pennate e odorose. Le radici si estendono prima in profondità e poi in larghezza. I fiori sono raggruppati in sottili grappoli verdi, tendenzialmente bianchicci o giallini alla schiusa.
    I frutti del noce, ovvero le noci, sono drupe, contenenti un grosso seme. Esternamente, da fresche, si presentano di colore verde, ma imbruniscono con la maturazione e la successiva caduta. L'epicarpo ed il mesocarpo carnoso costituiscono il mallo, una porzione non edule per l'uomo, dalla quale si estrae un pigmento scuro. L'endocarpo è duro, legnoso, anch'esso non commestibile e racchiude il seme. Questo, che invece rappresenta la porzione commestibile, può essere diviso in due gherigli simmetrici, che, se maturi, sono di color marroncino, e vantano un gusto dolciastro, vagamente tannico, con consistenza croccante.Dalla porzione edibile del seme si può ricavare un olio molto pregiato. Questo è ricchissimo di acidi grassi polinsaturi, ottimi per l'organismo, ma scarsamente conservabili e poco resistenti alle alte temperature. Le foglie del noce, invece, pur non essendo totalmente commestibili, rappresentano un ottimo ingrediente aromatico.

    In 100 grammi di noci edibili (escluso il guscio), troviamo:14,3 g di proteine, 68,1 g di lipidi, 5,1 g di grassi, e 3,5 g d’acqua. L’apporto calorico, sempre per 100 grammi, è di circa 650 kcal. Le noci contengono proteine, sono ricche di potassio, fosforo, magnesio, calcio e, in piccola quantità, anche ferro, zinco, selenio, e rame. Le vitamine più presenti sono A ed E, mentre i lipidi sono costituiti, in prevalenza, da acidi grassi insaturi e polinsaturi (omega 3). La presenza di omega 3 e di importanti antiossidanti dona alle noci anche buone proprietà antitumorali, mentre l’acido oleico, un grasso monoinsaturo presente anche nell’olio di oliva, risulta efficace nella riduzione del colesterolo. Di qui gli effetti benefici sull’apparato cardiovascolare e l’utilità nella prevenzione di malattie e disturbi a carico di questo apparato, come arteriosclerosi, infarto e ictus. Il contenuto di polifenoli e di altri fitochimici nelle noci, con le loro proprietà citotossiche dichiarate, le rende anche un candidato interessante per la ricerca sulla prevenzione del danno dell'acido nucleico, indotto dai radicali liberi. Ricerche sul consumo di noci negli esseri umani e negli animali suggeriscono che queste possono essere considerate una sostanza nutraceutica o farmaceutica. (1) In uno studio effettuato sulle noci del Brasile è stato inoltre visto che la composizione nutrizionale della frutta a guscio, caratterizzata anche da un adeguato profilo di acidi grassi e da un alto contenuto di proteine presenta numerosi benefici per la salute. Le noci del brasile sono infatti tra le più ricche fonti alimentari di selenio e di altri micronutrienti, come magnesio e rame, e sono in grado di potenziare il sistema antiossidante e il miglioramento della risposta antinfiammatoria. Questi effetti sono stati valutati in diverse condizioni, come deterioramento cognitivo, dislipidemia, cancro e insufficienza renale. (2)

    L’uso delle noci deve, tuttavia, essere moderato in caso di malattie epatiche, ed è controindicato in soggetti affetti da gastroenterocolite o ulcera gastrica duodenale. “Da evitare anche in individui soggetti a herpes, per la presenza di arginina, che può scatenarne la comparsa, e in caso di calcoli renali, data la presenza di ossalati”. Le noci, come altri tipi di frutta secca, possono infine innescare fenomeni allergici in soggetti ipersensibili, con manifestazione di dolori addominali, vomito, e difficoltà respiratorie.

    Fonti di riferimento:

    1- https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/25747270/

    2- https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/28888463/ 
     
    Maddalena Pizzulo - nutrizionista
     
     
     

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