Invito alla lettura

    Cleopatra. Una donna.

    Cleopatra. Una donna.

    Magnifica chiusura di un celebrato trittico su importanti, benchè ‘laterali’ personaggi della storia romana antica, ‘Cleopatra. Una donna’. (Einaudi), è uno dei capolavori del professore Aldo Schiavone che, dopo Spartaco e Ponzio Pilato, ha deciso di tuffarsi nell’enigma dell’ultima regina dei Tolomei. E lo ha fatto, realizzando un sublime inganno ai danni del lettore, che, illuso da una prosa romanzesca, ammaliato dalla straordinarietà del racconto e incalzato da un ritmo serrato, non fa in tempo ad accorgersi del cimento storico cui è chiamato. Come dell’introiezione del ‘pensiero’ dell’autore, distillato attraverso un sapiente setaccio di fonti, spesso citate alla lettera, ma sempre ‘confrontate’ e ‘pesate’, fondendo mirabilmente rigore storico e talento narrativo. La creatività, a pensarci bene, dovrebbe avere sempre piena cittadinanza e legittimità nelle ricostruzioni di epoche così lontane da noi, e, fatalmente, povere di fonti, soprattutto quando l’opera è di natura, in senso ampio, biografica. Un approccio oggettivamente molto poco gramsciano, anche se il professore Schiavone si serve della lezione metodologica di una vita per tratteggiare magistralmente lo sfondo su cui operano i protagonisti, alla ricerca ‘delle strutture’ che, inevitabilmente, li avvolgono. Doppia prospettiva necessaria per collocare correttamente i personaggi centrali del libro, da un Giulio Cesare al culmine della sua parabola biografica a un Marco Antonio in piena discesa con, un po' defilato, ma fondamentale, il futuro imperatore Ottaviano Augusto. Nonostante tanta ‘abbondanza’, nei circa 30 anni sui quali si concentra il racconto, dall’adolescenza di Cleopatra alla sua morte, tra l’8 e il 10 agosto del 30 A. C., è proprio la regina l’indiscussa calamita dell’interesse storiografico di Schiavone. Principalmente dalla sua prospettiva siamo quindi portati a ‘guardare’ ai sette momenti cruciali dell’intero racconto, che parte quasi dall’epilogo della vicenda umana narrata, con la descrizione della notte precedente la battaglia di Azio. Per poi tornare indietro nel tempo alle atmosfere del primo, folgorante e ‘seducente’ incontro, ad Alessandria, tra un ultracinquantenne Cesare e una ventenne Cleopatra, nell’autunno del 48 A.C. e avanzando fino al giorno dell’omicidio del sommo condottiero, mentre la regina è ospite a Roma. Arrivando al primo, teatralissimo incontro ‘ufficiale’ con Marco Antonio, a Tarso, nell’estate del 41 e alla ripresa definitiva dei rapporti tra i due, ad Antiochia, quattro anni più tardi. Fino alla battaglia di Azio, ricostruita con dettagli degni di uno storico militare e al successivo incontro con Ottaviano, l’anno successivo, di nuovo nella capitale tolemaica, fatale preludio all’inevitabile suicidio della regina.
    La Cleopatra che emerge è ovviamente quella emancipata, per la verità non da oggi, dalla bimillenaria mistificazione augustea, ma, in questo scritto, pur vivisezionata nei suoi plausibili moti dell’animo, è ‘studiata’ da un punto di vista strettamente politico. Un approccio imprescindibile per comprendere fino in fondo la natura di una donna, moderna quanto si vuole (categoria di giudizio storico che Schiavone generalmente respinge, ma dalla quale sinceramente ci sembra, a tratti, scalfito), eppur costretta, dai ‘codici’ dell’epoca, a utilizzare tutte le risorse a sua disposizione, capacità seduttive (non esclusivamente intellettuali) incluse. Un ‘armamentario’' che Schiavone considera funzionale, essenzialmente, alla realizzazione di un piano ambiziosissimo, forse ispirato da Cesare, suo sedotto-seduttore, ma più probabilmente a entrambi, dal mito di Alessandro, che prevedeva uno spostamento a oriente dell’asse politico e culturale dell’impero, con l’Egitto in posizione centrale. Insieme occasione di sopravvivenza e rilancio per una civiltà e una dinastia ormai agonizzanti, e, sul fronte romano, elevazione di Cesare a mito storico assoluto, sovrano incontrastato di Oriente (non solo quello ellenizzato) e Occidente, come nemmeno Alessandro aveva concepito. Progetto grandioso, al pari del suo ideatore maschile, purtroppo ‘raccolto’, dopo le ‘idi di marzo’, da un inadeguato Marco Antonio. Una circostanza intuita abbastanza precocemente dalla stessa Cleopatra, incapace, tuttavia, di trarre le necessarie conclusioni. La regina – sottolinea intensamente Schiavone – diventa preda del tragico paradosso di essere stata fortissima nella sua prima giovinezza, all’ombra (da lei accettata) di Cesare e debolissima nel suo apogeo fisico, intellettuale e politico, forse accecata dalla sua stessa luce, irradiata su Antonio, irreparabilmente inferiore a lei e ‘stregato da cotanto ‘carisma’. La sua vicenda umana è quindi intrinsecamente e teatralmente tragica, come la decadente vita da lei vissuta insieme al potente, ma raramente ‘grande’ generale romano. Un motivo in più per comprendere il senso delle divagazioni colte del nostro autore, che, pur onorando i vari Plutarco, Dione, Livio, Svetonio, Appiano, Cicerone, Strabone, (e molti altri, inclusi i ‘moderni’ Momsen e Syme), va oltre le fonti storiche, regalandoci insuperate vette poetiche lucreziane e oraziane (senza escludere Dante, Shakespeare, Shaw), non fermandosi neanche dinanzi ad autentiche scabrosità epigrammatiche di Marziale. Queste ultime, chissà perché, commissionate da Ottaviano e riferite al futuro ‘padre della patria’, raramente così in primo piano nelle circa 150 pagine del libro. Trattamento volutamente irriguardoso verso il vincitore di Azio o un ‘to be continued’, come nella migliore tradizione anglosassone? D’altra parte, l’impero romano è incontestabilmente sopravvissuto molto più a lungo in Oriente. Anche se, questa è un’altra storia…..

     

    Ettore Zecchino


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