Gloria agro-gastronomica nazionale, il carciofo, utilizzato in cucina già al tramonto della civiltà egizia, era ben conosciuto dai greci, che lo chiamarono Cynara (kinara), come una ninfa resistente alle attenzioni di Zeus e per questo trasformata in ortaggio, ma ha conosciuto una grande stagione anche durante l’impero romano. Nel corso del primo secolo dopo Cristo, la sua coltivazione si sviluppò infatti su larga scala, in particolare, in Sicilia. Sempre agli italiani si deve, molti secoli dopo, la sua diffusione in Francia, grazie a Caterina de’ Medici, e via via, grazie anche a olandesi e inglesi, in buona parte dell’Europa. L’ortaggio, protagonista indiscusso dello scenario mediterraneo e mediorientale, deve il suo nome attuale agli Arabi, suoi grandi ammiratori, mentre saranno soprattutto Spagna e Francia, al tempo delle esplorazioni nel nuovo mondo, ad avviarne la diffusione nelle Americhe. Attualmente, Perù e Argentina si contendono il quarto posto mondiale per la produzione di carciofi, molto diffusi anche nella lontana Cina.
Un ortaggio, dunque, diventato abbastanza ‘cosmopolita’, ma in realtà a trazione assolutamente mediterranea (Spagna, Francia, Grecia, Egitto, Marocco, Tunisia). Ed è proprio l’Italia la maggiore produttrice mondiale, capace di esibire esemplari di tutte le specie, da quelle autunnali, a quelle primaverili, spinose e non, sfornando varietà peculiari in molte località dell’intera Penisola. Se Veneto, Liguria, Piemonte, Emilia Romagna possono vantare esemplari di tutto rispetto, è, tuttavia l’Italia Centro-Meridionale a farla da padrona, con le grandi varietà tosco-laziali, con la generosa produzione pugliese, con pregiate nicchie campane, e con il trionfo sardo-siculo.
Di carciofi noi italiani ne abbiamo sempre mangiati tanti, e, forse, per questo, li abbiamo sempre un po’ sottovalutati. Come spiegare diversamente l’abitudine di dare del carciofo a persone di non particolare intelligenza? Certo non la pensano così i nutrizionisti, intenti a svelarne, di anno in anno, nuovi pregi.
I carciofi diventano, quindi, uno dei simboli del made in Italy da esportare, come prova a fare il protagonista di un piccolo film, ansioso di cominciare una nuova vita, piantandoli nella lontanissima Mimongo. Briciole di poesia cinematografica, se paragonate a quel piatto di spaghetti al sugo con carciofi preparati da Massimo Troisi ne ‘Il Postino’, film ‘poetico’ per eccellenza, dedicato proprio a quel Pablo Neruda, autore di una monumentale ‘Ode al carciofo’. Questo ortaggio ‘’dal tenero cuore che si vestì da guerriero’’ ha del resto sempre avuto il suo bel ruolo da protagonista nelle più belle nature morte dell’età moderna, come quelle del Campi e dell’Arcimboldo, mentre, un tantino ‘stilizzato’ è entrato nell’atelier di Picasso, che lo mette in mano a una sua donna. Forse un ‘tipo’, ma certamente non bella come Norma Jeane Mortenson Baker, miss carciofo a Castroville, in California, prima di diventare Marylin.
Il carciofo ha bisogno di acqua nei campi, ma altrettanta ne prende in ambienti urbani, se consideriamo le tante fontane ad esso intitolate a furor di popolo, per la loro forma (ma la Fuente dell’Alcachofa, a Madrid è nata per esserlo). Una consuetudine con gli ambienti urbani definitivamente consacrata dall’attore Ernesto Calindri, che, già alcuni decenni fa, contro il ‘’logorio della vita moderna’’ beveva un noto amaro al carciofo dal nome greco della pianta, comodante seduto in mezzo al traffico metropolitano.
La cinarina, componente base del nostro ortaggio, così amara da sublimare infusi alcolici di vario genere, è invece tombale per il vino. I suoi tannini, infatti, fanno a pugni con quelli del vino, soprattutto rosso, e, a crudo, ‘rovinano’ qualunque sensazione gusto-olfattiva. La situazione, per fortuna, si fa meno drammatica, quando l’ortaggio viene cotto, cucinato e amalgamato con altri alimenti, e quindi abbassa un po’ la sua ‘corazza’. Pur consigliando la sua versione cruda, in insalata o in pinzimonio, una vera e propria riserva di sostanze nutraceutiche, proviamo, ancora una volta, ad indicare ricette tipiche regionali e internazionali, insieme a larghissimi suggerimenti di abbinamento con altrettanti vini.
Carciofi alla polita
Partendo dall’Oriente Mediterraneo, ci imbattiamo in una semplice ricetta, ufficialmente ed orgogliosamente greca, ma collegata in parte alla Turchia. Si tratta di un misto di carciofi, cipolline e carote, spesso maritati con patate e feta, scaldati con un filo d’olio in una casseruola. Si può abbinare a un bianco greco semplicissimo, dalla bassissima acidità e di facile beva, come il Savatiano.
Carciofi al prosciutto
Gli spagnoli, si sa, sono fissati con il prosciutto, per cui un piatto caldo di carciofi cucinati con il celebre Patanegra può avere il suo perché e meritare le bollicine di un Cava in accompagnamento. La Spagna è tuttavia l’altra grande produttrice e consumatrice di carciofi del Mediterraneo, tanto da inserirlo come ingrediente accessorio in svariate altre ricette.
Carciofi alla romana
Giunti in Italia, ci fermiamo nella capitale, con un classico contorno che esalta la varietà omonima di carciofo, profumato con prezzemolo e mentuccia, e da sempre abbinato con un Marino bianco.
Carciofi alla giudia
Siamo sempre a Roma, per la precisione nel Ghetto, dove non c’è trattoria che si rispetti che non proponga questo squisito carciofo fritto della tradizione giudaico-capitolina, da secoli capace di inebriare i passanti al Portico di Ottavia. Anche qui si può optare per un bianco laziale, magari spumantizzato a dovere, come alcuni Frascati.
Agnello con i carciofi
Delle tante ricette sarde scegliamo questa di terra, per unire due eccellenze dell’isola, e per stappare finalmente un rosso, come il corposo Cannonau.
Spaghetti al sugo con i carciofi
‘Il Postino’ è in parte ambientato a Procida, che sarà anche Capitale italiana della cultura 2022. Ci perdoneranno Paestum e Pertosa, se ai loro eccellenti prodotti, anteponiamo, per suggestione culturale, l’altrettanto rinomato carciofo di Procida, in questa versione perfetto per un Piedirosso dei Campi Flegrei.
Ciaudedda
Come non citare la Puglia, prima produttrice di carciofi, che condivide in parte con la ‘titolare’ Basilicata questo delizioso insieme di verdure stufate, tra le quali mai deve mancare il carciofo, come la fetta di pane arrostita che lo accompagna e che gli regala il nome. Da provare, sorseggiando un San Severo bianco, altro tocco pugliese in una ricetta essenzialmente lucana.
Carciofi col tappo
Tra le tante versioni italiane ed estere di carciofi ripieni, questa palermitana è sicuramente tra le più suggestive. Un ‘sugoso’ e proteico scrigno, a protezione di sua maestà il carciofo. Sposa un buon Frappato, bevibile anche su una parmigiana di carciofi.
Caponata di carciofi
Delicata variante della ben più nota ricetta con le melanzane, richiede un altrettanto delicato vino bianco come alcuni Etna Doc. Stesso vino, ma di tipologia più ‘strutturata’ si può abbinare alla frittedda, trionfo primaverile di carciofi, fave e piselli.
Ettore Zecchino