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    Arte e scienza. Da Leonardo a Galileo

    Arte e scienza. Da Leonardo a Galileo

    Solido ed elegante saggio di un celebre studioso della prospettiva, ‘Arte e scienza. Da Leonardo a Galileo’ è una significativa variazione sul tema da parte dell’architetto Filippo Camerota (editore Giunti). L’autore, attualmente direttore scientifico del Museo Galileo di Firenze, si pone l’obiettivo di rileggere l’antico sodalizio tra arti figurative e scienza, rappresentato plasticamente in apertura con il celebro affresco ‘La scuola di Atene’ di Raffaello. E lo fa in chiave prevalentemente rinascimentale, con un focus sul genio nativo di Vinci, da altri definito il nonno della rivoluzione scientifica.
    Il titolo può tuttavia trarre in inganno. Leonardo e Galileo sono infatti delle stelle fisse in questo viaggio, ma brillano insieme a tanti altri astri, in un universo popolato da giganti quasi mitologici, come il pittore Apelle, o il matematico Euclide, pilastro della geometria e dell’arte figurativa su di essa fondata.
    Dato ai classici il tributo dovuto, Camerota esamina i progressi rinascimentali come frutto del genio e dell’inventiva di uomini del calibro di Leon Battista Alberti e Piero della Francesca, consapevoli innovatori di una materia in parte canonizzata dalla classicità vitruviana, ma orgogliosamente rilanciata attraverso percorsi pioneristici, come rilevato dallo stesso Piero.
    L’incontro tra arte e scienza nel saggio si fa subito allegoria, come quella di un anonimo fiammingo (forse Jan Bruegel il Giovane), che fa addormentare una donna nel fiore dei suoi anni (la pittura) tra le braccia di un vecchio saggio (il disegno), fondamento delle arti figurative, ma anche di scienze quali l’astronomia, la balistica, la topografia e la prospettiva. Quest’ultima, codificata, come già detto, da geni quattrocenteschi come Leon Battista Alberti e Piero della Francesca, e anticipata da illustri predecessori, come il Masaccio (vedere ‘La Trinità’ di Santa Maria Novella, a Firenze), ovviamente Filippo Brunelleschi, e lo stranamente assente Giotto.
    Tra effetti ottici e altri ‘divertimenti’, come il celebre anamorfismo, la pittura sembra restituire alla scienza i ‘favori’ ricevuti, rendendo più fruibili materie come l’anatomia, la balistica,  (e qui, va senza dire, giganteggiano gli esempi leonardeschi) o come la cartografia, sia militare sia civile (ancora Leonardo docet). Segue la cosmografia, disciplina molto in voga nella Firenze medicea, dove Cosimo I amava giocare sull’etimologia del suo nome, ma anche nella Roma papalina. In entrambi i casi dovendosi riconoscere, tra tutti, il forte impulso del domenicano Egnazio Danti, straordinaria figura rinascimentale di astronomo, architetto, cartografo e molto altro.
    Il trionfo di Galileo si celebra, invece, nell’ultima parte del saggio, incentrata sull’ingresso delle arti figurative (siamo giunti al Barocco) negli studi astronomici, a seguito dell’invenzione del cannocchiale, che alza il sipario su nuovi ‘paesaggi’, e in quelli biologici, risvegliati dalle osservazioni al neonato microscopio.
    Per chiudere, in un crescendo scientifico, e fisico in particolare, con l’emersione di un inedito conflitto tra forma e materia (soprattutto in architettura), palesato dagli studi galileiani sul peso e sulla resistenza dei materiali. Di qui una profonda riconsiderazione critica dell’antica teoria delle proporzioni e del concetto di bellezza come accordo e inevitabile armonia delle parti in relazione a un tutto.

    Il volume, arricchito sin dalle prime pagine da raffinate illustrazioni di capolavori dell’arte figurativa rinascimentale, indugia molto su esempi illustri, ma non sempre noti ai più, e si cura di mostrare visivamente anche l’evoluzione strumentale seguita a un così stretto sodalizio. Ecco dunque comparire planisferi, sfere armillari, strumenti prospettici, quadranti astronomici, mappamondi, cannocchiali, microscopi, meridiane e compassi. Strumenti del mestiere per lo scienziato, ma utilizzati e ‘rappresentati’ anche dall’artista.

    Il saggio, nella sua brevità e olimpica ‘leggerezza’ può ambire alla qualifica di ‘classico’, ma ha il vantaggio di poter essere letto (anche contemplato) e facilmente riletto, alla ricerca di spunti e rimandi per successivi approfondimenti.

    Ettore Zecchino


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