Invito alla lettura

    Le Due Culture di Charles Percy Snow

    Le Due Culture di Charles Percy Snow

    Derivato da una celebre lezione, tenuta all’Università di Cambridge il 7 maggio del 1959, il saggio ‘Le Due Culture’, del chimico e letterato inglese Charles Percy Snow, è alla base dell’omonima kermesse simbolo di Biogem. Fondamento dell’opera è la constatazione di una sostanziale incomunicabilità tra cultura scientifica e cultura umanistica, contro cui l’autore, biograficamente a cavallo tra i due mondi, si scaglia con determinazione.
    L’intuizione di Snow, tutt’altro che originale, ha avuto grande successo per il suo ‘tempismo’. Gli anni Sessanta erano infatti alle porte e con loro un connaturato spirito innovatore e sovvertitore, ma, soprattutto, muoveva i primi, importanti passi, quella rivoluzione tecnologica, oggi al suo apice, capace, da sola, di invertire i parametri di un dualismo secolare. E così, se Snow, pur nella sua imparzialità, muoveva dall’esigenza di riequilibrare un rapporto sbilanciato a favore della cultura tradizionale e tradizionalista di matrice umanistica, ai giorni nostri sulla difensiva e bisognosa di aiuto è la società delle lettere.

    Ripresasi da un millenario scacco matto, la cultura scientifica sublima il ‘superficiale ottimismo’ perfidamente attribuitole, in uno sviluppo incessante di nuovi assetti e nuovi slanci, con malcelati desideri di invasione di campo. La tentazione contemporanea diventa, quindi, una tanto fantasticata terza cultura, con lo scienziato chiamato a guidare in solitudine un nuovo corso. Molti grandi del passato dissentirebbero, ma i tempi di Democrito, Lucrezio, Leonardo, Cartesio, Pascal, Leibniz, Goethe, solo per citarne alcuni, non sono neppure lontanamente comparabili con i nostri.

    Ciononostante, se non tutto scorre, qualcosa di immutabile dovrà pur esserci. Forse dovremo cercarlo nello stupore, nella meraviglia, in quel sentimento misterioso, eppure unificante, alla base di ogni atto creativo della mente umana. Non è sublimemente  ‘scientifico’ Dante quando compendia nella sua Commedia le più dettagliate conoscenze dell’astronomia tolemaica, secondo alcuni anticipando addirittura intuizioni novecentesche? Quanto, poi, a Virgilio, non sono forse un vivido esempio di scienza ‘dura’ i suoi approfondimenti sulle api piuttosto che sui tori podolici’, nelle, per altri versi certamente ‘dure’, Georgiche?

    D’altra parte, in tempi ai noi vicini è stato autorevolmente detto che ''lavorare su un’equazione per il raggiungimento di una bellezza e di un’armonia porta a un sicuro progresso’’ (Paul Dirac).

    Potrebbe quindi essere l’arte nel suo complesso, e non solo la letteratura, il punto di ripartenza nell’analisi di un testo in grado di fornire spunti interessanti anche a distanza di oltre sei decenni dalla sua uscita.

     

    Ettore Zecchino


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