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    Saggio sulla libertà

    Saggio sulla libertà

    Capolavoro indiscusso della saggistica filosofico-politica ottocentesca, il ‘Saggio sulla libertà’ (On Liberty) di John Stuart Mill (editore Il Saggiatore) si offre a noi contemporanei come un pensiero militante più ancora che come un classico, vista l’attualità che riesce a esprimere in molti suoi passaggi chiave, soprattutto i più problematici ed aperti. Oggetto dell’opera, come si affretta nei primi righi a precisare l’autore stesso, è la libertà civile o sociale, studiata, soprattutto, in rapporto alle legittime limitazioni imposte contro di essa dallo Stato. Interventi, questi, accettati ed anzi incoraggiati, essenzialmente solo se diretti alla difesa della comunità stessa. Un principio, questo sì, divenuto un classico, e, a onore del vero, non esclusivo di Mill, ma da questi declinato sicuramente in maniera esemplare.

    Centrale nel ‘Saggio’ è la libertà di pensiero e discussione, cui è dedicato un intero capitolo, e che è esplicitamente considerata un bene supremo, meritevole di protezione assoluta. Senza la possibilità di pensare liberamente, infatti, l’umanità non potrebbe fare alcun passo avanti nella direzione del progresso e di una pur parziale e provvisoria verità, ai quali per natura, dovrebbe tendere. A tutti, per corollario,  va sempre concesso il pieno diritto di esprimere le proprie convinzioni, in particolare se minoritarie e originali. E il confronto che ne nasce diventa la sicura premessa del successo di una comunità. La verità, infatti, va messa in discussione e-o difesa continuamente, fugando così il rischio di una sua riduzione a dogma, accettato passivamente, e, gradualmente, poco o mal compreso. Opportuno è inoltre considerare sempre la sua parzialità ed emendabilità. Anche una sola opinione dissenziente in tutto il mondo andrebbe quindi, consentita e coltivata, come potenziale ragione di sovvertimento, o come rafforzamento della verità preesistente. Una vera comprensione dei fenomeni, d’altra parte, per Mill può arrivare solo da un procedimento per negazione ‘socratico’, o, al limite ‘medioevale scolastico’. E non è un caso se proprio il sommo ateniese sia indicato come martire per antonomasia della libertà. Una condizione, quella di Socrate, inflitta a tanti altri uomini, anche da parte di grandissimi ingegni, spesso animati da indubbia carica etica (e qui l’empatia mostrata dall’autore per il grande Marco Aurelio e le sue ‘penose’ persecuzioni contro i cristiani è totale). Proprio per questo, le eccezioni alla regola devono essere limitatissime, non mettendo quasi mai in campo la ‘scivolosa’ morale.

    Di pari passo con la tutela della libertà va quindi considerata essenziale la valorizzazione dell’individualità, vista come motore del bene comune, grazie al propellente dell’originalità, alla base di ogni ‘creazione’ umana e terreno di coltura della genialità. Uno Stato lungimirante deve guardarsi bene dall’accrescere la sua burocrazia (anche quando qualitativamente eccellente), puntando, invece, a stimolare sempre l’autonomia e l’energia vitale dei singoli, per non accorgersi troppo tardi che ‘’con dei piccoli uomini non si possono compiere cose veramente grandi’’.

    Più o meno con tali parole si conclude questo densissimo saggio, fonte di stimoli notevolissimi, nelle direzioni più disparate. Non è un caso se, sempre con una qualche plausibilità, sia stato considerato, rispettivamente, una delle massime espressioni del sistema liberale classico, oppure l’atto di nascita del liberal-socialismo, vista una qualche apertura, da parte di Mill, al concetto di ridistribuzione dei beni prodotti, e vista la piena legittimazione di un certo tipo di tassazione come sano strumento di politica economica. E ancora, l’ingresso del liberalismo in nuovi mondi. Tra questi, spicca la battaglia per il suffragio universale assoluto ( pur in grande anticipo sui tempi, Mill immaginava, tuttavia, una sorta di voto ponderato, in base alla ‘cultura’ dell’elettore). Nemmeno in questo caso, tuttavia, l’individualità può essere ridimensionata, e, sulla scia dell’ammirato Tocqueville, la dittatura della maggioranza viene stigmatizzata come non meno temibile di tanti dispotismi (tesi attualissima e praticamente alla base di quasi tutti gli studi contemporanei sul fenomeno del populismo). Rilevante è poi la perorazione, sviluppata nella sua pienezza in un celebre saggio successivo, della completa parità tra i sessi. L’influenza culturale della compagna Harriet Taylor su molta parte della sua produzione culturale è da Mill stesso sempre abbondantemente riconosciuta, e costituisce, nello specifico, l’incipit di quest’opera. D’altra parte, l’intensità di questo rapporto tra i due potrebbe regalare l’Oscar a qualsiasi regista ispirato.

    Anche in Italia il ‘Saggio sulla libertà’ ha goduto e gode di grande considerazione, tanto da aver favorito riflessioni e riletture negli ambiti più disparati, da Gobetti a Rosselli, passando per Sturzo, fino al più ‘ovvio’ Einaudi, ma, significativamente, è stato molto ridimensionato dalla cultura idealistico-crociana. In tempi di pandemia e di rinascenti terrorismi, con i problemi di privazione di libertà che tali fenomeni possono determinare, ci sembra quindi ragionevole ritornare al Saggio milliano, come a un ideale stimolo culturale, nella speranza di illuminare la nostra strada. Dopo tutto, una città non marginalmente presente nella gestazione dell’opera sembra sia stata l’italianissima e problematicissima Napoli.

     

    Ettore Zecchino


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