I protagonisti delle due culture

    Giulio Maira

    Giulio Maira

    Accademico di lungo corso presso alcune tra le più importanti istituzioni universitarie italiane ed internazionali, Giulio Maira ha al suo attivo circa 16mila interventi chirurgici cranio-encefalici, effettuati come primo operatore. Per venti anni è stato Neurochirurgo dello Stato della Città del Vaticano, oltre che membro di numerose società scientifiche, e revisore per le più importanti riviste mondiali di neurochirurgia. Per 12 anni Membro del Consiglio Superiore della Sanità, è incluso nell’elenco dei ‘Top Italian Scientist in Clinical Science’, con un H-index di 43 e un numero di citazioni scientifiche di 7.805. Presidente della Fondazione di ricerca ‘Atena Onlus’, da lui fondata, ha ricevuto numerose onorificenze, tra le quali quella di ‘Cavaliere di Gran Croce’ al merito della Repubblica Italiana. Nel 2015 ha pubblicato il libro ‘Ti regalo le stelle’, seguito, nel 2019, da ‘Il cervello è più grande del cielo’, e nell'ottobre del 2020 da ‘Le età della mente’.

    A Biogem è atteso per l’intervento di chiusura dell’edizione 2021 delle ‘Due Culture’.

    Professore, questa pandemia sta mettendo a dura prova i nostri cervelli?

    La paura, l’angoscia, ci hanno fatto precipitare in un burrone di emozioni negative. Abbiamo vissuto per un lungo periodo in condizione di stress e il danno maggiore è stato sopportato dai bambini e dagli adolescenti, più carichi di emotività e più bisognosi degli adulti di bilanciare emozioni e razionalità. Pensi che le emozioni hanno una ‘storia’ di 300 milioni di anni, la razionalità si ferma a 100mila. Tirando le somme, anche se prevalentemente indirette, le conseguenze sono state comunque devastanti e non di breve termine. Senza naturalmente contare i non banali danni cerebrali sopportati da tanti pazienti COVID-19.

    Virus e batteri hanno qualcosa di paragonabile a un cervello?

    Direi proprio di no. Hanno solo meccanismi ripetitivi e modalità di adattamento all’ambiente esterno, mediante frequenti modifiche al proprio DNA, come le temute varianti.

    Quale cervello animale si avvicina di più al nostro?

    In linea di massima, la natura, individuato un meccanismo, tende a ripeterlo. In questo caso, direi che i meccanismi di base sono gli stessi. Non sono un esperto del ramo e non azzardo elenchi. I delfini, solo a titolo di esempio, hanno un livello di sviluppo cerebrale piuttosto alto. L’uomo, tuttavia, è su un’altra lunghezza d’onda, e, in un certo senso, ha l’onerosissimo status di ‘padrone del mondo’. Spesso, purtroppo, non siamo all’altezza di questo ruolo.

    Perché l’uomo ha capito così tardi le potenzialità di un organo così importante?

    Perché il cervello è un organo nascosto dalla scatola cranica. Il cuore, invece, lo si ‘sente’ da sempre.
    Quale è stata, secondo lei, una tappa cruciale nella crescita del nostro cervello?
    Molti direbbero la nascita del linguaggio. Secondo me, invece, lo sviluppo dei neuroni specchio, a loro volta alla base del linguaggio e della cultura come li intendiamo oggi. Con loro nasce e si potenzia quel fondamentale meccanismo di imitazione che accresce la consapevolezza. La cultura dell’uomo ha infatti una progressione esponenziale.

    Professore, come è riuscito a effettuare ben 16mila interventi chirurgici?

    Mantenendo, per trenta anni, una media anche di 4 o 5 operazioni al giorno. Attualmente, tecnologia e organizzazione del lavoro mi consentono di limitare l’attività alle sole fasi cruciali di un intervento, evitando i tempi iniziali e finali. La neurochirurgia ha infatti tempi di preparazione molto lunghi.

    In questo ambito, ci ricorda i momenti più gratificanti da un punto di vista professionale e umano?

    Mi hanno segnato molto gli insuccessi, subiti nonostante la perfetta riuscita tecnica degli interventi specifici. Di qui, lo stimolo forte alla ricerca, per me una vera e propria vocazione. Se devo pescare nel bagaglio dei ricordi, non posso non partire daI mio primo intervento, eseguito su una bambina di 10 anni, affetta da una grave emorragia. Impresso nella mia mente è anche quello durato ben 35 ore (il mio record personale). Ricordo infine un intervento a un paziente sveglio, da noi stimolato, come strategia chirurgica, a recitare Dante, in modo da monitorare in maniera accurata la condizione dell’organo durante l’operazione.

    Per la salute del cervello quanto pesa la genetica e quanto i nostri stili di vita?

    La genetica pesa sicuramente tanto, ma altrettanto incide l’impegno personale di ognuno di noi. La genetica è la macchina, noi siamo il motore. La nostra maggiore libertà, in fondo, e quella di poter ‘costruire’ il nostro cervello, grazie alla sua neuro-plasticità. Nostra responsabilità, e, quindi, libertà, è stimolarlo continuamente, con una vita fisicamente e mentalmente attiva. Il nostro cervello è come una foresta con alberi inizialmente piccoli, capace di diventare sempre più rigogliosa e imponente, se continuamente nutrita dalla linfa giusta.

    Esiste una dieta ideale per il cervello?

    Bisognerebbe mangiare poco e in modo sano, rifuggendo dagli eccessi di zuccheri, fritti e grassi.

    Fino a quanti anni dall’esposizione può determinarsi un danno cerebrale da fumo passivo?

    Tutto dipende dalla quantità e durata di questa esposizione. Nei casi non particolarmente gravi, la neuro-plasticità di cui sopra, può portare anche a una remissione del fenomeno nel tempo.

    Tra droghe pesanti e droghe leggere la differenza è solo di ordine quantitativo o anche qualitativo?

    Tutte le droghe sono di per se pericolosissime. Pensi che il 12% dei ricoveri per intossicazione derivano dalla Cannabis. Ovviamente, le droghe pesanti fanno ancora più danni.

    Dormire dalle cinque alle sette ore al giorno pare sia fondamentale per il nostro cervello, un po’ a tutte le età. Esiste una predisposizione genetica all’insonnia?

    In genere, no, anche se la genetica ha sempre un ruolo. Il bambino, l’adolescente, tendono a dormire bene, e quasi sempre l’insonnia è conseguenza dello stress ‘adulto’. Diverso è il caso, opposto, della narcolessia. Il sonno, comunque, è fondamentale per il cervello. Gli animali di laboratorio, ad esempio, soffrono cerebralmente di più la privazione indotta del sonno rispetto a un corrispondente digiuno.

    Ci aiuta a comprendere i rapporti tra mente e cervello?

    La mente è l’insieme delle funzioni cognitive del cervello. Il pensiero è l’attività della mente, di cui è la parte operativa. Il 95% del pensiero è, però, inconscio.

    E sulla coscienza si è fatta un’idea?

    La coscienza è lo stato di consapevolezza raggiunta dell’attività della mente.

    La considera una prerogativa solo umana o può appartenere anche agli animali?

    Livelli di consapevolezza primordiale esistono anche tra gli animali, ma le due situazioni non sono comparabili.

    La libertà di un individuo dipende dal suo cervello?

    Si. Siamo liberi quando lo decidiamo intimamente. Nelle azioni quotidiane abbiamo la sensazione di agire liberamente. L’input cerebrale, tuttavia, parte qualche centinaio di millisecondi prima di ogni nostra decisione. Questo porta molti filosofi a negare in toto il libero arbitrio. Pur non sapendo spiegare questo mistero, credo, invece, che sarebbe troppo irrazionale assegnare ad altri la ‘direzione’ di un meccanismo così complicato. Insomma, per citare Edoardo Boncinelli, ‘’siamo liberi solo perché siamo troppo complicati’’. Consideri, ad esempio, che il nostro pensiero si divide in lento e riflessivo e veloce e intuitivo, e che le nostre sinapsi sono in grado di effettuare ben 38 miliardi di operazioni al secondo. Fortunatamente, tante cose le facciamo in maniera del tutto automatica.

    Con riferimento all’intestino, si parla spesso di un secondo cervello. Dipende sempre dal primo o ha margini di ‘autonomia’?

    È un sistema autonomo, come quello respiratorio o quello cardiaco. L’intestino agisce, tra l’altro, attraverso una imponente popolazione batterica, che ne condiziona fortemente il funzionamento. Niente a che vedere con il cervello, che vive dentro una scatola cranica, grazie alla quale, in condizioni fisiologiche, è completamente isolato dalla realtà esterna. Di qui anche la difficoltà e il rischio di operare a cervello aperto.

    Per Cartesio l’atto del pensare è l’unico in grado di dimostrare a noi stessi la nostra esistenza. Cosa ci può invece rendere sicuri dell’esistenza del mondo intorno a noi?

    La nostra coscienza, che è l’espressione più alta della nostra esistenza.

    Quando si può parlare con certezza di morte cerebrale?

    Esistono dei parametri clinici ben precisi, come la piattezza dell’encefalogramma o il blocco del flusso ematico (sappiamo che, in questo caso, il cervello ha un’autonomia di pochi minuti).

    E quando di accanimento terapeutico?

    Quando la situazione non è più recuperabile. Si deve far ricorso alla chirurgia solo nella speranza ragionevole di portare un beneficio al paziente.

    Può rivelarci la sua posizione sull’eutanasia?

    Sono cattolico e credo che la vita venga salvaguardata, ma mai attraverso forme di accanimento terapeutico.

    Cosa fa il cervello nelle persone in coma profondo?

    In qualche modo può continuare a funzionare perché c’è una coda di cellule che continua a vivere al difuori della coscienza. Se l’alterazione della coscienza non è elevatissima, si può sempre sperare di recuperare il paziente. Oggi, tra l’altro, possiamo provare a stimolare delle aree celebrali con l’utilizzo attivo di molte attrezzature ipertecnologiche. Purtroppo, più passa il tempo, più improbabile è la possibilità di un recupero.

    Perché sogniamo?

    La vita media di una persona è un sogno lungo circa sei anni, mentre il sonno, nel suo complesso, corrisponde a un terzo della nostra esistenza. Il sogno, quindi, è una parte importante di un tutto, che comprende varie fasi, ciascuna con caratteristiche e utilità ben precise. Durante il sonno lento, ad esempio, rimettiamo ordine negli avvenimenti del giorno. Nella fase Rem, invece, colleghiamo questi avvenimenti con la memoria a lungo termine. In generale, cancelliamo le memorie che non sono più utili ed eliminiamo il 20% delle sinapsi, sostituendole con altre più ‘utili.’ Durante il sonno, insomma, ripuliamo il cervello e rafforziamo il nostro sistema immunitario, mettendo ordine nei nostri ricordi, e stabilizzando le nostre emozioni.

    L’interpretazione dei sogni in chiave psicoanalitica è ormai da considerare in tutto e per tutto anti-scientifica?

    Effettivamente ha in radice qualcosa di antiscientifico. Si tratta, infatti, di un’interpretazione non verificabile. Cercare di fare un’attività di ‘estrazione’ del subconscio è stato comunque un indiscutibile merito storico di Freud. Tale intuizione ha aperto una strada che è stato utile percorrere.

    L’intelligenza artificiale può evolvere in coscienza?

    Questa è l’ipotesi di alcuni scienziati, secondo i quali la coscienza è solo una conseguenza dell’aumento delle funzioni del cervello. Se questo avvenisse, potrebbe significare la presa di potere dell’intelligenza artificiale su quella umana. In ogni caso, parlerei di supertecnologia più che di intelligenza. Non le attribuirei mai infatti, quelle caratteristiche di creatività, emotività ed eticità, alla base dell’intelligenza umana.

    Alcuni futurologi pronosticano, già a partire dai prossimi decenni, la possibilità, per tutti, di disporre di un avatar, capace di prendere con molta accuratezza e competenza, al nostro posto, le decisioni più importanti della nostra vita, anche, e soprattutto, in ambito pubblico. Finirà la libertà del genere umano, o, al contrario, il cervello dei nostri discendenti avrà più tempo e possibilità di elevarsi spiritualmente?

    Dipende da quali funzioni assegneremo all’avatar. Spero, comunque, che non si arrivi mai a tutto questo. Avremmo infatti un’intelligenza non etica e priva di senso morale, perderemmo il libero arbitrio e la nostra stessa condizione umana.

    Quale forma d’arte ‘allena’ meglio il cervello?

    Qualunque forma di arte sviluppa reti neurali nuove.

    Da scrittore ormai consolidato, ci può dire quali capolavori della letteratura hanno alimentato maggiormente il suo cervello?

    Ho una passione assoluta per Shakespeare e Tolstoj. I meccanismi della memoria descritti da Proust sono straordinariamente in anticipo sui tempi. Lo stesso Tolstoj entra nei meccanismi della mente con accuratezza scientifica.

    Dalla ‘madeleine proustiana’ in poi, la letteratura ha definitivamente sdoganato il ‘ricordo gastronomico’, in verità, da sempre protagonista nei grandi capolavori. Cosa pensa della ‘neuro-gastronomia’?

    Mi limito a considerare che tra i nostri sensi quello più presente nel sonno è proprio l’olfatto.

    Ascoltare musica classica da piccoli può davvero favorire lo sviluppo del nostro cervello?

    Assolutamente si. La musica classica, tra l’altro, entra molto ‘naturalmente’ in sintonia con il nostro cervello, come ben si desume dai nostri esperimenti con i giovani pazienti. Anche l’arte è evolutiva, e un quadro di Raffaello colpisce ‘naturalmente’ un bambino, più di un Picasso o di un Dalì.

    La sua fondazione ‘Atena Onlus’ ha appena compiuto venti anni. Quali meriti le attribuisce?

    Abbiamo creato un efficiente laboratorio, sviluppato importanti progetti di ricerca, patrocinato grandi iniziative a sfondo anche sociale, come le varie campagne fatte per la salute delle donne o contro il consumo di droga tra i giovani. Forse più di quanto speravamo.

    Alle ‘Due Culture’ incontrerà umanisti e scienziati insieme. Quale emisfero del cervello è attivato maggiormente negli uni e negli altri?

    Molto a spanne, l’emisfero di sinistra è più razionale, quello di destra è più artistico. Faccia un po’ lei.

     

    Ettore Zecchino

     


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