Invito alla lettura

    Vico dei miracoli

    Vico dei miracoli

    Straordinario romanzo popolare su un sommo napoletano, ‘Vico dei miracoli. Vita oscura e tormentata del più grande pensatore italiano’ (editore Rizzoli), è un autentico atto d’amore di Marcello Veneziani per un filosofo a lui familiare in tutti i sensi. Introdotto al mondo fantastico del Vico dal padre Giovanni, il prolifico intellettuale pugliese ha infatti rinviato per lustri l’appuntamento ‘fatale’, per poi ‘risolverlo’ in pochi e intensissimi mesi di lavoro immersivo. Il risultato è un capolavoro assoluto di alta divulgazione storica, anzi vichianamente, scientifica, a parer di chi scrive tra i più interessanti degli ultimi tempi. Un’operazione culturale senza dubbio di grande efficacia, almeno a giudicare dal successo in libreria, sulla scia e nel solco della carsica e a tratti alluvionale rivalutazione di un pensatore da molto tempo ‘riscoperto’ in ambito accademico, ma forse ancora in una sorta di limbo al livello del grande pubblico istruito. Se per Veneziani, infatti, Giambattista Vico è stato indubbiamente il più grande pensatore italiano, molti programmi scolastici continuano ostinatamente a riservargli le briciole, in una provinciale sottovalutazione della genialità italica. Paradosso assoluto se consideriamo l’importanza fondamentale della sua concezione della storia, indubbiamente ispiratrice originaria proprio di quella Riforma Gentile, che, intellettualmente parlando, si dovrebbe appellare Croce-Gentile, base e fondamento del nostro sistema di istruzione, eminentemente liceale. E così, i giovani italiani, pur studiando ogni disciplina, anche non umanistica, da un punto di vista prevalentemente storico, ignorano spesso l’ispiratore più lontano, ma più ‘potente’ di questo indirizzo. Un destino, quello delle rivalutazioni postume, al quale il Nostro era abituato, come nelle pagine a volte commoventi di questo bellissimo libro chiaramente traspare. Il destino di un uomo straordinario, vissuto nel secolo d’oro di una città straordinaria, della quale è sicuramente emblema assoluto, ma dalla quale ha ostentatamente preso le distanze, ricambiato con gli interessi. Un intellettuale vissuto nel ventre di Napoli, in rapporto simbiotico con la sua millenaria cultura e con la sua brulicante umanità, che, in un secolo di esterofilie e francesismi ostentati, quale fu il Settecento napoletano, ha orientato i suoi studi e la sua speculazione filosofica sulla tradizione italica e mediterranea. Un pensatore che, in un’epoca di lumi atei, ha acceso i riflettori sulla nostra tradizione religiosa. Un italiano che, in una fase di esaltazione permanente delle scienze matematiche, dichiara lo studio scientifico della storia l’unico metodo per arrivare ad una conoscenza piena di qualcosa, attraverso gli strumenti della filosofia e della filologia. Una storia, quindi, non ‘semplice’ maestra di vita, ma scienza nuova, unica in grado di ammaestrare l’uomo sul senso della sua esistenza, portandolo a scoprire il vero in quanto coincidente con il fatto, ben oltre le astrazioni della matematica e-o i parziali, pur importanti progressi delle scienze fisiche. La vera conoscenza, secondo la celebre argomentazione vichiana è solo quella di chi ha creato. Sulla natura, quindi, unico depositario della verità piena è Dio, mentre la storia, guidata dalla Provvidenza, ma concretamente realizzata dagli uomini, può disvelarci le sue regole generali. Continuando su questa china tradiremmo, tuttavia, lo spirito autentico dell’opera di Veneziani, che, pur non tralasciando quasi niente delle più note teorie vichiane, ha il suo pregio principale nel riuscire sempre a collegare queste al suo autore, descritto nella sua umanità più plausibile eppure più splendidamente romanzata. Ma è anche quello di investigare efficacemente sul mistero del talento. Di più, sull’enigma di un talento originalissimo, quello di Giovambattista Vico, prodigio di sconfinata erudizione, ma miracolosamente isolato nel chiasso familiare e cittadino intorno a lui.

     

    Ettore Zecchino


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