Invito alla lettura

    Alle origini dell'etica ambientale

    Alle origini dell'etica ambientale

    Pregevole saggio della professoressa Luisella Battaglia, ‘Alle origini dell’etica ambientale’. Uomo, natura, animali in Voltaire, Michelet, Thoreau, Gandhi’ (edizioni Dedalo), ad oltre 20 anni dalla sua pubblicazione, ha acquisito lo status del ‘classico’. L’opera costituisce infatti un ottimo punto di partenza per chiunque volesse addentrarsi nel settore ancora ‘giovane’ dell’etica ambientale, dove la professoressa Battaglia si muove con l’autorevolezza di una direttrice d’orchestra e con la passionalità di un primo violino. Capace di coordinare memorabili acuti di giganti del passato con profonde considerazioni dei sistematizzatori del presente, guidati, entrambi, dalla sicurezza di una invisibile bacchetta fuori scena. L’’esibizione’, introdotta da un prezioso contributo storico-giuridico-filosofico del professore Francesco De Sanctis, parte con l’enunciazione dei temi portanti dell’intero saggio, visti nel loro problematizzato punto di arrivo. E così, il macrotema dell’etica ambientale viene immediatamente contestualizzato nell’ambito dell’emersione, ormai completa, di una generalizzata coscienza ecologica, fattasi largo tra non pochi rigurgiti antropocentrici, motivati da una presunta minaccia all’essenza stessa dell’umano. All’opposto, tale coscienza ecologica è chiamata a resistere agli equivoci della cosiddetta ecologia profonda, in grado, effettivamente, di colpire al cuore qualsiasi concettualizzazione dell’originalità umana. Spinte e controspinte studiate con preoccupazione dall’autrice che, pur schermandosi dietro rassicuranti sentenze di giganti della contemporaneità, intende arruolare illustri testimoni del passato in una personale guerra alla cattiva coscienza di molti. L’ecologia è certamente, secondo una celebre definizione di Edgar Morin, una scienza nuova, che permette una comunicazione interdisciplinare e il riconoscimento di una stretta interrelazione tra l’oggetto e l’ambiente in cui si trova. Ma, ciò posto, come approcciare ad essa con il carico del plurisecolare umanesimo antropologico depositato in tutti noi? Ecco, quindi, materializzarsi la sfida di un nuovo umanesimo ‘ecologico’, intravisto o magistralmente praticato dai quattro eroi del sottotitolo.

    A questo punto siamo al cuore dell’opera e il piacere della lettura si impenna. Da una scorrevole e puntuale disamina del dibattito odierno intorno alla bioetica, la professoressa Battaglia ci ‘trasporta’, infatti, nel giardino fiorito degli argomentati punti di vista di Voltaire, Michelet, Thoreau e Gandhi. Con una regia da Oscar, l’autrice alterna sue introduzioni e/o spiegazioni a brani tratti sapientemente da opere scelte dei quattro autori.
     Da Voltaire, uomo simbolo del Settecento, Luisella Battaglia estrapola soprattutto il concetto della tolleranza, elargito ora con ampio ricorso all’ironia, ora con una prosa polemica e tagliente all’indirizzo di grandi del passato. Bersaglio principale è il dogma cartesiano dell’animale automa, smontato dalla viva voce delle stesse bestie (un cappone e una pollastrella) che ne ‘La cena del conte di Boulainvilliers’, nel mezzo di una mansueta attesa della morte per mano umana, ridicolizzano le contraddizioni di questa ed altre simili visioni del mondo animale, consentendosi anche l’umiliante concessione di un non richiesto perdono. A significare, quindi, la possibilità di un nuovo umanesimo, urgentemente richiesto dalla comune precarietà creaturale in un universo, reso più familiare dalla rivoluzione scientifica, ma pur sempre ostile e patrigno. Una visione pessimistica ma struggentemente poetica, declinata da Voltaire in molte altre sedi e con stili sempre diversi, nella direzione di una compiuta etica del riconoscimento, alla base di qualunque riferimento futuro ai diritti degli animali.
    Esseri, questi ultimi, considerati ‘fratelli’, in pieno Ottocento, da un sorprendente Jules Michelet, che, da sommo storico della Francia e della sua Rivoluzione, vira, nella seconda parte della sua carriera professionale, verso studi naturalistici. Il concetto di popolo, monumentale presenza nei suoi tomi storici, si estende, quindi, in un favoloso ampliamento degli ideali rivoluzionari, al mondo animale, nella costante tensione verso l’emancipazione reale di tutte le creature. Un’etica della responsabilità imprescindibile per l’uomo, chiamato a restituire agli animali quanto da loro ricevuto, con la creazione di una paritaria società dei viventi.
    Di ecologia in senso proprio, secondo Luisella Battaglia, possiamo iniziare a parlare solo con Henry David Thoreau, contemporaneo di Michelet, ma incline a una riflessione più ampia sulla natura dei viventi, allargata alla sua prevalente parte inanimata. Nei boschi in riva al lago Walden, presso Concord, in Massachussetts, Thoreau si ritirerà volontariamente, desideroso di vivere con saggezza. E alla natura tutta rivolgerà i suoi sforzi, nella speranza di comprenderne l’arcano linguaggio, per instaurare un rapporto intimo di ‘simpatia’. L’opposto del naufrago Robinson Crusoe, impegnato ad affermare, sull’isola deserta, i suoi valori borghesi. E lontanissimo dall’ideologia puritana della frontiera, fondata sul dominio della natura selvaggia. Quella ‘wilderness’ che Thoreau, al contrario, invoca come un salvifico spirito guida verso un’esistenza realmente degna di essere vissuta. Una vita improntata a un’ecologia della libertà’, tesa a valorizzare l’individuo e a connetterlo con la natura, preservandola dalla distruzione come anche da una sua antropomorfizzazione. Un obiettivo, quindi, di connessione e mai di fusione nella natura, al riparo da strumentalizzazioni economiche (Thoreau condannava lo sfruttamento economico delle foreste, anche nella forma ‘illuminata’ del sistema turistico dei parchi naturali, che pure, involontariamente, ha contribuito a far nascere)  e o filosofiche, e, men che meno, da virate new age.
    Congedatasi idealmente dai tre illuminati pensatori occidentali, l’autrice si rivolge all’Oriente per una nuova etica ecologica, trovandola nella Grande Anima di Gandhi, qui presentato come un pensatore libero da rigidi dogmatismi e capace di parlare anche ad altri mondi. Un uomo recuperato a una piena e consapevole adesione all’induismo da non irrilevanti influssi culturali occidentali. Un ‘Mahatma’ che si fa autorevole propugnatore di un’etica della responsabilità alla base di scelte in parte ‘spiazzanti’. Come le deroghe all’ahimsa (non violenza) per i casi di inevitabile difesa del più debole o, addirittura, per l’eutanasia, da praticare, a vantaggio di qualsiasi creatura, in presenza di una irrisolvibile sofferenza senza sbocchi. E come un certo ‘pragmatismo’ nella sacralizzazione della madre vacca, fonte primaria di sostentamento del villaggio indiano, provocatoriamente anteposta alla madre umana. Scelte cui l’uomo è chiamato, non dovendo mai rinunciare all’esercizio della responsabilità, declinata in rapporto all’intero creato. Di qui lo sbocco nell’etica della cura, che - auspica infine l’autrice - superando il paradigma contrattualista, possa spronare l’Occidente e il mondo intero a una non più rinviabile azione di tutela dell’ambiente, nell’accezione più ampia possibile.

     

    Ettore Zecchino


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