Invito alla lettura

    Invenzioni a due voci

    Invenzioni a due voci

    Concettoso saggio comprensibile a pieno solo dagli ‘specialisti’ o dai ‘volenterosi’, ma suggestivo per tutti, ‘Invenzioni a due voci. Dialoghi tra musica e scienza’ di Gianni Zanarini (editore Carocci), rappresenta l’ideale chiusura di un percorso di letture lungo un anno, incentrato sui legami tra arte e scienza. Un rapporto per secoli di assoluta ‘coincidenza’, dal momento che la musica, ancora nel Medioevo, era, insieme alla geometria, all’aritmetica e all’astronomia, parte del ‘Quadrivio’, cioè delle discipline scolastiche attribuite alla sfera matematica.

    Il saggio di Zanarini parte da Pitagora e dalla sua quaterna numerica (la celebre ‘tetraktys’) creduta alla base dell’armonia universale e capace di permeare di sé la musica composta, cantata e suonata per quasi duemila anni. Una teoria accettata da Platone e, nonostante lo scetticismo aristotelico, irrobustita in seguito da speculazioni di altri grandi, come Cicerone, Agostino e Boezio. A quest’ultimo, in particolare, risale la suggestiva definizione di ‘musica mundana’, intesa come una musica dell’universo, un’armonia cosmica della quale anche la natura dell’uomo è un riflesso. Un concetto che, mediato da quello di armonia geometrica del cosmo, ha scosso anche, molti secoli dopo, il grande astronomo tedesco Johannes Kepler, convinto che – come ci spiega Zanarini – ‘’l’armonia celeste abbia realmente e non solo simbolicamente, una dimensione musicale, che va ricercata a partire dalle nostre conoscenze sul sistema planetario’’. Kepler parlò, a questo proposito, di un ‘’canto polifonico’’ e non stupisce, quindi, il fascino esercitato da questa suggestione su un musicista attivo tre secoli dopo, Paul Hindemith, sostenitore dell’esistenza di un ‘’fondamento perenne della musica... altrettanto universale delle leggi che regolano il mondo fisico’’.

    Romantiche o isolate suggestioni a parte, Zanarini ci ricorda tuttavia che a riportare la musica sulla terra ci aveva pensato la rivoluzione scientifica seicentesca, che annovera, tra i suoi frutti, la nascita dell’acustica musicale, intesa come nuova disciplina. Molti scienziati si ‘occuparono’ in quegli anni di musica, anticipati decenni prima da Leonardo, che condusse ricerche sulle vibrazioni sonore e sulla propagazione del suono.
    Qualcuno ha definito il genio di Vinci un  nonno della scienza, ma è un altro nonno che a sorpresa occupa un ruolo di primo piano in questa avventura a due voci. Come un piccolo colpo di teatro, almeno per i non specialisti della materia, il professore Zanarini introduce infatti la figura di Vincenzo Galilei, padre del grande Galileo, e, ci sembra di capire, molto influente nella formazione culturale del figlio. Proprio al maestro di liuto Vincenzo va riconosciuto un approccio modernamente sperimentale all’argomento, grazie al quale, contro un certo dogmatismo numerologico del suo maestro Gioseffo Zarlino, si verifica una rivalutazione del sapere incorporato nella costruzione degli strumenti da parte dei liutai suoi contemporanei. Anche questa una rivoluzione, a sorpresa sposata dal celebre figlio che, interrotti gli studi di medicina a Padova, si butta a capofitto nell’annosa disputa. Un cimento immortalato, ben 50 anni dopo, nel celebre ‘Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze’. Dalle teorie numerologiche si passa quindi alle ‘sensate esperienze’, mentre pendoli e corde, frequenze e consonanze entrano dalla porta principale nel meraviglioso mondo della rivoluzione scientifica galileiana.
    Basterebbero questi pochi cenni a dare un’idea compiuta delle tante sublimi curiosità presenti nel saggio, ma il libro consente una lettura molto meno superficiale, intriso com’è, soprattutto nella seconda parte, di dotti tecnicismi e acuti collegamenti, in grado di spaziare dalla fisica dei suoni alla fisiologia dell’ascolto, per arrivare alla psicologia della percezione. L’autore ci porta quindi con mano in un percorso che non perde mai di vista l’iniziale obiettivo programmatico, ma che diventa, più o meno involontariamente, una storia della musica moderna vista da una diversa angolatura. Qui dei tre sommi non si parla, se non per il riferimento a Bach del titolo, ma si approfondiscono le gesta di alcuni grandi teorici ed accademici di questa arte, come lo Zarlino contestato dai Galilei, o come quel Jean-Philippe Rameau, già grande compositore, qui appellato come il Newton dell’armonia, ispirato, a sua volta, dagli scritti del fisico Joseph Sauveur e dal teologo-scienziato Marin Mersenne.
    Sono molti altri i collegamenti emergenti nel testo, via via capace di aprirsi alla musica suonata, ma guardando agli strumenti con un approccio autenticamente scientifico. Con lo stesso metodo il fisiologo tedesco Hermann von Helmotz studiava nel frattempo le reazioni all’ascolto musicale da parte dell’orecchio umano.
    Zanarini si tuffa quindi nelle grandi rivoluzioni contemporanee, come quella dodecafonica di Arnold Schoenberg, tra i primi a comporre al di fuori del sistema tonale, o quella ‘concreta’ di Pierre Schaeffer, per arrivare a quella elettronica di Karlheinz Stockhausen, interessato a integrare l’ambiente di ascolto nell’esecuzione musicale. Proprio la rivoluzione elettroacustica e quella informatica sono, secondo l’autore, alla base dei maggiori cambiamenti nella musica contemporanea, garantendo al compositore del nostro tempo una liuteria virtuale illimitata (ma anche l’invenzione di nuovi strumenti) e una sconfinata libertà creativa. Sbarchiamo quindi in un nuovo mondo, ricco di ‘istallazioni musicali’ e di ‘paesaggi sonori’, ma anche di silenzio intervallato da suoni più o meno naturali, come nella celebre e muta ‘4 33’ di John Cage.
    Una musica che, ora più che mai, è ‘’un fare con i suoni’’.

     

    Ettore Zecchino


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