Best seller di fine secolo in Francia, ‘Dio e la scienza’ (verso il metarealismo) porta la firma dell’allora ‘giovanissimo novantenne’ Jean Guitton, in ‘dialogo’ con i due gemelli franco-russi Grichka e Igor Bogdanov, all’epoca divulgatori scientifici della televisione transalpina. Il successo del libro, in Italia editato da Bompiani nel 1993, con la prefazione di Giulio Giorello, deve molto a questa formula, ma, forse, in essa incontra anche alcuni dei suoi limiti più evidenti. Notevole appare infatti il dislivello fra i tre e la concordanza di fondo nell’argomentare sembra figlia di una certa soggezione intellettuale dei due fratelli, pur brillantissimi nel ruolo di spalla del protagonista e di straordinari divulgatori del suo pensiero, cui di fatto, spianano scientificamente la via. E forse proprio questo appare come un altro pregio-difetto del libro, a quanto pare successivamente derubricato a volumetto di second’ordine dallo stesso Guitton. L’operazione, insomma, sembra, almeno a distanza di anni, eccellente da un punto di vista editoriale, un po’ meno sul piano cultural-scientifico. A provarlo, forse, è il destino non brillantissimo del ‘metarealismo’ del sottotitolo, immaginato dal grande francese come una sorta di nuovo corso filosofico.
Il volume, in ogni caso, affronta con coraggiosa determinazione un tema trattato più volte in passato, ma raramente in forma così esclusiva: quello, sempre suggestivo, del rapporto tra scienza e divino, dove la scienza è soprattutto la fisica, che, nelle sue declinazioni quantistiche, è interpretata da Guitton come una sorta di scala verso Dio. Quel Dio per lui già palese nell’impressionante atemporalità dell’istante ignoto che precede la nascita dell’Universo e nella miracolosa improbabilità statistica alla base del fenomeno vita, ma che diventa ancora più esplicito nella natura ‘spirituale’ che non esita ad attribuire alle sempre più evanescenti particelle subatomiche, definite come delle tendenze ad esistere.
Il punto di arrivo, pur raggiunto attraverso una straordinaria sapienza divulgativa, si colloca al termine di una intensa galoppata nei sentieri ‘fantastici’ della meccanica quantistica e conferma la citazione introduttiva, attribuita a Pasteur, secondo cui ‘’un po’ di scienza allontana da Dio, ma molta riconduce a Lui’’. Una fiducia nella scienza, nei suoi linguaggi, nei suoi metodi, rivelatasi assoluta in Guitton, che quasi sempre ragiona e argomenta presupponendo la validità del cammino tracciato da scoperte e studi recenti, anche quando dal contro-intuitivo sembrano giungere all’inverosimile. Tranne, forse, che nella teoria degli universi paralleli, respinta per presunta incongruità logica.
Jean Guitton si conferma, quindi, un uomo del nostro tempo, con la sua elasticità mentale, e con la sua insopprimibile sete di libera conoscenza. Disposto, per essa, a sbarazzarsi in un sol colpo (ma ovviamente come conseguenza di riflessioni pluridecennali) di grandiosi retaggi filosofici. E così, ecco scomparire ogni divisione possibile tra materia e spirito, trasformati quasi in un indistinto nello straordinario mondo della fisica odierna, dove per Guitton il ruolo di Dio potrebbe essere quello di un osservatore quantistico dell'intero Universo. In fondo, per dirla, con il suo riverito maestro Bergson ‘’l’universo è una macchina che produce degli dei’’.
L’uomo di fede emerge, quindi, ovunque, e si spinge a piegare alla causa ogni spunto, ogni traccia, incontrati nell’esplorazione scientifica dell’Universo. Come quando sembra quasi esultare nello scorgere nelle particelle elementari gli einsteiniani dadi di Dio, con i quali, tuttavia, è l’uomo a giocare, nella sua spiritualità quantica. O come quando si compiace della natura dell’evento vita, definita ‘’miracolosa’’ da Francis Crick, scopritore del dna. Una visione da contrapporre idealmente alla per lui raggelante emersione del caso, autorevolmente proposta dal biologo Jacques Monod nel suo celebre ‘Le hasard et la necessitè’, richiamato da Giulio Giorello all’inizio della sua prefazione.
D’altra parte, è proprio il laico Giorello a riconoscere l’onestà intellettuale e la plausibilità della proposta di Guitton, che, pur non esente da inevitabili influssi tomistici, ‘’non vuole costringerci a credere, piuttosto offre un esempio di come la sua fede personale può crescere e ravvivarsi nel confronto con la scienza, senza rassegnarsi all’insignificanza del Mondo e degli uomini’’.
Insomma, un’opera lodevole e stimolante, solo sopraffatta dalla grandiosità del tema e dei conseguenti obiettivi, tali anche per un gigante come Guitton.
‘’Nel suo profondo vidi che s’interna, legato con amore in un volume, ciò che per l’universo si squaderna: sustanze e accidenti e lor costume quasi conflati insieme, per tal modo che ciò ch’io dico è un semplice lume’’. (Dante - Paradiso XXXIII).
Forse, ancora oggi, a certe altezze può condurre solo la più sublime tra le opere poetiche!
Ettore Zecchino