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    Michele Farisco

    Michele Farisco

    Responsabile dell’Unità di Filosofia ed Etica della Scienza di Biogem, Michele Farisco è Dottore di Ricerca in ‘Etica e Antropologia. Storia e Fondazione’ presso l’Università del Salento, e in ‘Filosofia e Neuroscienze’ presso l’Università di Uppsala (Svezia), dove sta sviluppando una ricerca multidisciplinare sugli aspetti neuroscientifici ed etici della coscienza e sulla filosofia dell’Intelligenza Artificiale. Ha scritto quattro monografie e decine di articoli, anche in inglese, sui temi del postumanesimo, del rapporto filosofia‐neuroscienze, della neuroetica, della coscienza.

    Dottore Farisco, in Biogem è una sentinella delle scienze umane. Cosa vede da questa prospettiva?

    Vedo un orizzonte di crescente sintonia tra i due poli in cui tradizionalmente il sapere umano è stato diviso, ossia scienze cosiddette esatte e science umane. Le ricerche condotte a Biogem, e la scienza contemporanea in generale, sono intrinsecamente rilevanti per la riflessione umanistica, e in particolare per quella filosofica, che nel mio piccolo, coltivo. Come, d´altra parte, le scienze umane, la filosofia in primis, possono affiancare le scienze nella definizione delle questioni da affrontare e nella ricerca delle relative risposte. Chiarire i problemi è il primo e più importante passo per poterli risolvere (o, per meglio dire, provare a farlo).

    Come è nato il suo rapporto con un centro di ricerca di bio-genetica?

    Dopo aver assistito all´inaugurazione del centro alla presenza del Premio Nobel Montalcini, non avrei mai immaginato che un giorno sarebbe diventato un posto così rilevante nella mia vita. Poi, casualmente, venni a conoscenza di un master in Biogiuridica organizzato da Biogem: avevo appena finito il mio primo Dottorato di Ricerca, avevo iniziato le mie ricerche in ambito bioetico, e quindi colsi al volo l´opportunità. Così ebbi modo di conoscere il Presidente Ortensio Zecchino, la cui lungimiranza ha fatto il resto.

    Ci racconta il suo percorso?

    Mi sono avvicinato alla Filosofia per ragioni, diciamo così, esistenziali. Successivamente è divenuta, oltreché una professione, il mio stile di vita. Dopo la laurea con il prof. Roberto Esposito a Napoli, ho svolto un Dottorato di Ricerca in Filosofia Morale presso l´Università del Salento, con la supervisione del compianto prof. Mario Signore e del prof. Pasquale Giustiniani. La mia ricerca era relativa al cosiddetto post-umano, e mi ha consentito di gettare un ponte con le scienze (in particolare, scienze computazionali e biologia evoluzionistica). Successivamente, con il Master in Biogiuridica organizzato da Biogem, mi sono avvicinato alle neuroscienze grazie all´intuizione della prof.ssa Laura Palazzani. Quindi, casualmente, ho iniziato un altro Dottorato presso l´Università di Uppsala, in Svezia, sotto la supervisione della prof.ssa Kathinka Evers, nell´ambito del progetto Europeo, 'The Human Brain Project', che mi ha consentito di sviluppare una rete di rapporti internazionali piuttosto vasta.

    Quali scambi fecondi registra tra la sua attività di Responsabile dell’Unità di Filosofia ed Etica della Scienza di Biogem e quella di ricercatore nella prestigiosa Università svedese di Uppsala?

    La mia attività in Biogem, a stretto contatto con il mondo della ricerca, mi consente di conoscere cosa c`è dietro le quinte, per così dire. Questo è importante per capire come la ricerca scientifica procede, quali sono le sue necessità e le sue priorità. In questo modo Biogem mi ha aiutato ad orientarmi nella mia attività internazionale. D´altra parte, dall`esperienza in Svezia ricevo costanti conferme della necessità e del valore di una riflessione filosofica ed etica sulla scienza.

    C’è ancora qualche speranza che il ‘suo’ postumanesimo si risolva in una palingenetica avanzata della tecnologia a vantaggio della libertà ed eguaglianza del genere umano?

    Il postumanesimo come lo vedo io è un processo in larga parte inevitabile i cui esiti, però, dipendono dalle nostre scelte, qui ed ora. Per me post-umanesimo vuol dire un´identità umana in stretta connessione con la tecnologia, “ibridata” con la tecnologia, per usare un termine tecnico. Ma questo non implica di per sè che l´uomo è antiquato, per parafrasare Günther Anders, né che sarà soppiantato da nuove forme di soggetti artificiali: l´uomo è una specie in evoluzione, e continuerà ad evolversi. Ciò che verosimilmente cambierà è la velocità e le modalità di tale evoluzione. Ma la responsabilità etica ricadrà sempre sul soggetto umano, nel bene e nel male. Tuttavia, devo dire, che ci sono molti segnali che suggeriscono che la direzione non è verso una maggiore libertà o uguaglianza: l´utilizzo dell´Intelligenza Artificiale, per esempio, porta con sè delle conseguenze rilevanti sulla privacy delle persone e sulle scelte politiche della nostra società, condizionando, in modo per lo più inconsapevole, i nostri spazi di scelta e di azione.

    Lei ha visto nascere e crescere le ‘Due Culture’, svolgendo un ruolo di primo piano nell’organizzazione e nella realizzazione delle sue 13 edizioni. Quale giudizio sente di poter dare di questa manifestazione? E quali interventi l’hanno maggiormente colpita?

    Devo dire che mi sono affezionato al nostro meeting, non solo intellettualmente, ma anche emotivamente. È cresciuto molto in questi anni, sia come spessore culturale, sia come risonanza mediatica. Ed è indubbiamente profetico il fatto di creare uno spazio di confronto  all´interno di un centro di ricerche di biologia e genetica molecolare. Tra i vari interventi che mi hanno maggiormente colpito voglio ricordarne due in particolare: quello di Jean Pierre Changeux e quello di Oliver Smithies, entrambi nell´ambito del Meeting su ‘La memoria e l´oblio’ del 2014. Changeux, con cui ho l´onore di collaborare, da buon erede dell´Illuminismo francese, incarna lo ‘scienziato filosofo’, il cui pensiero non è mai banale e sempre appassionato. Di Smithies mi ha colpito l`umiltà intellettuale: un Premio Nobel che ringrazia il proprio insegnante delle scuole elementari. Sfido a trovarne un altro.

    Nel 2022 il tema dominante sarà il rapporto tra arte e scienza. Da consumato attore teatrale le fischiano le orecchie?

    Eh, attore è una parola grossa: sono solo un amatore. Mi diverto a giocare con i ruoli e le maschere che le persone intorno a me mi assegnano (e si assegnano). Il teatro per me è uno spazio di libertà: divento Demiurgo di me stesso, e creandomi e ricreandomi sono in grado di ‘toccare’ e condizionare le emozioni del pubblico. È un canale comunicativo privilegiato. Credo che l´arte in generale sia questo. E probabilmente anche la scienza.

    In qualità di arianese doc e di conoscitore del mondo, quale giudizio può esprimere sul rapporto tra Biogem e il territorio circostante?

    Ho viaggiato molto e visitato molti centri di ricerca, in Europa, America e Asia. Posso dire che Biogem non ha nulla da invidiare a nessuno, sia nella “filosofia” che lo sorregge, sia nelle strutture in cui si organizza. È una sentinella per il territorio, una porta aperta verso il futuro. In un certo senso è anche un paradosso, il che spiega, almeno in parte, perchè spesso non è apprezzato come dovrebbe: in un contesto troppo ripiegato su stesso o afflitto da sentimenti di nostalgia per un passato che non c`è più, Biogem è una spinta ad alzare lo sguardo, ad essere parte attiva nella costruzione del nostro destino.

    Può descriverci i progetti realizzati, in corso e in programma nella sua Unità?

    In questo momento sono attivo su tre fronti in particolare: neuroetica; filosofia della coscienza; filosofia dell´Intelligenza Artificiale. In riferimento alla neuroetica, tra le altre cose sto curando un´antologia in lingua inglese su “Neuroetica e diversità culturale”. Sono molto contento perchè sono riuscito a coinvolgere una decina di ricercatori da diversi Paesi, sia europei sia extra-europei (tra gli altri, USA, Canada, Cina, Egitto, Argentina e Cile). Sulla filosofia della coscienza, la mia passione filosofica per eccellenza, sto coordinando, tra l´altro, un articolo multidisciplinare con 18 ricercatori da vari Paesi europei e di diversa formazione disciplinare  (neuroscienziati cognitivi, clinici, computazionali, eticisti, filosofi, e due associazioni di pazienti) su possibili nuove strategie per identificare la coscienza in soggetti comatosi, inclusi i relativi risvolti etici e filosofici. Per la filosofia dell´Intelligenza Artificiale sto coordinando un articolo con esperti del settore sulla cosiddetta ‘brain-inspired AI’, ossia l´Intelligenza Artificiale ispirata al cervello, con particolare riguardo ai possibili, inediti impatti etici.

    Qualche consiglio alla Direzione Scientifica?

    Devo dire che negli ultimi tempi abbiamo avuto modo di conoscerci meglio con il prof. Capasso, con il quale stiamo mettendo in piedi delle iniziative molto interessanti che vanno nella direzione di rinforzare ulteriormente la convergenza tra scienze della vita e scienze umane, già in atto anche in Biogem. Il professore Capasso mi ha infatti coinvolto in un network europeo impegnato nella ricerca sulla connessione tra patologie nefrologiche e patologie neurologiche. Abbiamo, inoltre, sviluppato insieme un ‘proposal’ per un progetto europeo su questi temi. Per cui posso solo compiacermi di questa attenzione verso le scienze umane, con la certezza che continuerà a caratterizzare Biogem.

     

    Ettore Zecchino


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